Non
profit tra economia e socialità
A cura di Dante Balbo
Da Caritas Insieme TV del 1.11.'97 un'intervista a Franco Passuello, presidente
delle ACLI italiane al termine del Convegno "Economia e socialità:
un equilibrio possibile?" organizzato dalle ACLI a Lugano il 26 ottobre
1997.
Caritas Insieme ha proposto il 1° novembre scorso una sintesi del convegno
organizzato dalle ACLI di Lugano dal titolo "Economia e socialità:
un equilibrio possibile?" cui hanno partecipato personaggi di spicco della
cultura svizzera e italiana, Cristian Marazzi e Remigio Ratti, sul nostro versante,
e padre Bartolomeo Sorge, già direttore di Civiltà Cattolica,
e Franco Passuello per il contributo dalla cultura peninsulare. Riproporre sulla
rivista una sintesi della sintesi ci sembrava ingiurioso nei confronti dei relatori
che tanta ricchezza espositiva hanno profuso nel convegno. Ci siamo allora affidati
alle brevi ma significative note rilasciateci nell'intervista che ha seguito
il convegno da parte di Franco Passuello, moderatore dei lavori e acuto osservatore
delle questioni emerse nella giornata di studio.
D: Il punto interrogativo nel titolo, alla fine del convegno può essere
eliminato o rimane?
R: La condizione per togliere il punto interrogativo è che vi sia
un numero sufficiente di persone, a partire da noi, a rendersi conto che proprio
mentre ci sentiamo sopraffatti da questa economia globale, finanziaria, abbiamo
anche in mano gli strumenti per uscire da questa forma di divorzio che abbiamo
registrato con grande unanimità questa mattina, fra un grande potenziale
di sviluppo dell'economia e una società che si impoverisce di valori,
ma anche materialmente. Dobbiamo cioè recuperare la nostra capacità
di autonomia dal mercato e dai media, per ricostruire il senso della convivenza
civile, che deve essere ricreata. Per fare questo occorre compiere un percorso
di autoformazione e di pedagogia sociale, che ci consenta di vivere criticamente
questo mondo dell'economia globale, del grande intrattenimento multimediale
e dell'informazione. Senza questa capacità critica e di orientamento
verso uno sviluppo umano e non solo economico il punto interrogativo resta.
D: Quale il ruolo dei cattolici in questo processo?
R: Se per tutti gli uomini di buona volontà esiste un dovere civile
di piegarsi sulla grande questione di creare un matrimonio fra economia globale
e socialità, per i cattolici è un dovere, la nostra responsabilità
primaria. Noi siamo nel mondo per essere animatori e testimoni del regno di
Dio, per far crescere una "civiltà dell'amore", per usare un'espressione
di Paolo VI alle Nazioni Unite. I cristiani non possono accettare un mondo della
guerra di tutti contro tutti, in nome del profitto e della potenza economica.
Bisogna quindi ripartire da questa capacità di testimonianza del Vangelo,
per tradurlo in valori, cultura, modi di pensare e stili di vita quotidiani.
Un esempio sono le banche etiche, in Italia ne diventerà operativa una
la primavera prossima, in cui migliaia di persone hanno accettato, contro la
logica del puro profitto, che il loro denaro renda meno che se investito tradizionalmente,
ma venga utilizzato per finanziare attività e iniziative di solidarietà.
Esempi come questi di solidarietà quotidiana, cambiano la politica promuovendo
una politica solidale. Il grande paradosso della società globale è
che restituisce alla dimensione comunitaria tutta la responsabilità di
immettere nell'economia globale una intenzione di sviluppo umano. Questo infatti
è il vero problema: abbiamo un'economia globale che produce un'enorme
ricchezza e non riesce a distribuirla nel modo giusto e soprattutto impoverisce
l'uomo dal punto di vista delle sue facoltà umane. Tradisce e aliena
la promessa umana che Dio ha immesso nell'uomo, come noi crediamo.
D: Dentro questa economia globale la Svizzera sembra sempre un'isola, quali
prospettive intravvede per il nostro paese, piccolo ma economicamente significativo?
R: Come affermava Remigio Ratti nel suo intervento, nel gene storico della
Svizzera vi sono delle cose importanti per questa epoca. Questa miscela fra
sussidiarietà e federalismo può consentire alle dimensioni comunitarie
e locali di padroneggiare l'economia globale. Naturalmente va ripensata nell'era
del villaggio globale, delle grandi comunicazioni di massa, di internet ecc.
Questa tecnologia, oggi utilizzata dal mercato e dai grandi poteri economici
per colonizzare la società, può essere rovesciata di segno. Questa
tecnologia può consentire una grande Agorà, una grande società
civile dentro il villaggio globale. Bisogna che i principi di sussidiarietà,
di territorialità e federalismo siano ripensati dentro questa dimensione.
Per noi è una grande sfida, ma che vale la pena di essere giocata.
Da Caritas Insieme TV del 4.10.'97 un'intervista all'economista Pierluigi
Sacco, ospite del Dipartimento di lavoro sociale dell'istituenda SUPSI a Mendrisio
il 2 ottobre 1997 in un incontro dal titolo "Lavoro sociale e economia".
La vera risorsa che scarseggia oggi all'interno dei nostri sistemi è
la capacità di creare socialità. Oggi il problema della produzione
materiale è stato risolto in gran parte. Il problema è che soprattutto
nelle grandi economie industrializzate, abbiamo tante persone, persino quelle
disoccupate, o quelle più svantaggiate, che godono spesso di livelli
di vita che nella storia dell'uomo quasi nessuno si è mai potuto permettere.
Non dimentichiamoci che salvo veramente nei casi limite, nelle nostre società
avanzate tutti hanno un tetto sotto cui stare o qualche cosa da mangiare. Oggi
il problema è un altro: la vera risorsa scarsa, è proprio la capacità
di entrare in relazione con gli altri, di dare un senso alla propria vita; un
senso che non sia unicamente legato all'idea del produrre, o di avere un ruolo
nell'interno di un sistema impersonale. Insomma siamo più ricchi ma fondamentalmente
molto più soli. La comunicazione pubblicitaria involontariamente finisce
per cercare di colmare questo tipo di vuoto; sentiamo cose ridicole ma tragicamente
vere come "la tecnologia che ti vuole bene". Ma cosa vuol dire! Eppure
ci sono pubblicità che usano questo tipo di messaggio.
L'economia sociale viene a colmare un vuoto importantissimo che purtroppo una
produzione capitalistica troppo impersonalmente organizzata rischia di portare
nei nostri sistemi. Il principale vuoto è I'incapacità,degli uomini
di entrare in relazione. Questo in realtà diventa un fattore fondamentale
d'inefficienza anche dal punto di vista economico, perché quest'incapacità
di entrare in relazione diventa immediatamente un costo per l'impresa che si
trova a gestire dei conflitti a volte veramente devastanti tra vari interessi,
tra vari punti di vista. All'interno di un'organizzazione, come un'impresa,
questi conflitti rappresentano dei costi economici fortissimi. Oggi le imprese
si stanno rendendo conto che produrre e fare attività economica in una
società lacerata dal conflitto, dove le persone hanno forti conflitti
a livello delle motivazioni, o del senso di dare alla propria vita, può
diventare veramente un grosso problema. E allora in qualche modo la dimensione
dell'investimento sociale, cioè usare le risorse prodotte dalle imprese
per migliorare l'ambiente umano, comincia a diventare un punto importante. Il
canale fondamentale attraverso cui si può realizzare quest'investimento,
passa inevitabilmente per l'economia sociale. Perché l'economia sociale
è quella che appunto per sua nascita, per sua logica funzionale, ha sviluppato
da sempre questo tipo di caratteristica.
Quindi il punto fondamentale è questo: la logica dell'economia sociale
non è una logica assistenziale. In una società come la nostra,
l'economia sociale può mantenersi da sé perché risponde
ad un bisogno. Se fornisce servizi competitivi, questi bisogni ovviamente copertine/coprono
i suoi costi. Inoltre bisogna che l'economia sociale acquisti una rappresentanza
a livello politico affinché le numerose realtà molto frammentate
che spesso competono scioccamente tra di loro siano integrate in un discorso
di coordinamento e di razionalizzazione in quelli che sono anche i loro grandi
obiettivi strutturali. Bisogna dare oggi all'economia sociale gli strumenti
per attirare le professionalità e i capitali che le servono, per conquistare
una credibilità da una parte, e una visibilità sociale dall'altra,
affinché essa possa diventare una protagonista della nostra vita, non
soltanto economica, ma anche civile e politica.